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Il Garante della Privacy ferma Chat GPT

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La chat che per mesi è stata il braccio destro, l’amico fidato, il compagno di banco intelligente dal quale attingere informazioni di ogni tipo è temporaneamente sospeso. L’ha deciso il Garante della Privacy. 

Si tratta di Chat GPT, il più noto tra i software di intelligenza artificiale relazionale in grado di simulare ed elaborare le conversazioni umane.

Lo strumento non è utilizzabile solo per chiacchierate tra privati. Anzi, il profilo più rilevante riguarda il possibile utilizzo, da un lato, negli ambiti imprenditoriali e professionali e, dall’altro lato, anche nel settore della pubblica amministrazione e, in generale, dell’e-government, un aspetto che ha acceso la polemica relativa all’impatto di Chat GPT e, in particolare, a proposito dei profili lavorativi e professionali a rischio di estinzione per sostituzione progressiva da parte della cosiddetta Intelligenza artificiale.

Da dove nascono le preoccupazioni?

Il Garante rileva «l’assenza di idonea base giuridica in relazione alla raccolta dei dati» per sviluppare l’algoritmo. Per dirla in parole semplici, il Garante privacy rileva la mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI, ma soprattutto l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali, allo scopo di “addestrare” gli algoritmi che mirano al corretto funzionamento della piattaforma. 

In secondo luogo, come testimoniato da diverse verifiche effettuate, le informazioni fornite da Chat GPT non sempre corrispondono al dato reale, determinando quindi un trattamento di dati personali inesatto. 

Infine, c’è la questione dei meccanismi di verifica dell’età.  Secondo i termini pubblicati da OpenAI, il servizio è rivolto ai maggiori di 13 anni. L’Autorità, invece, evidenzia l’assenza di qualsiasi filtro per la verifica dell’età. 

Non è la prima volta che il Garante decide di prendere dei provvedimenti di questo tipo. Non molto tempo fa, infatti, proprio per motivi simili, il Garante aveva bloccato TikTok sul territorio italiano, chiedendo di adottare misure di verifica a tutela degli utenti più vulnerabili. In risposta, si era parlato di atteggiamento anti-tecnologico del Garante. Eppure, dopo alcune settimane, TikTok ha dovuto adeguarsi. Gli stessi rilievi critici vengono ora mossi per il blocco di Chat GPT.

Possibili rimedi

Ciò non esclude che la decisione possa essere errata. OpenAI, infatti, ha il diritto di ricorrere a un giudice e dimostrare la correttezza del proprio operato. 

Mira Murati, la trentaquattrenne a capo dello sviluppo tecnologico di OpenAI ha rilasciato diverse dichiarazioni, tra le quali:

Non crediamo di violare in alcun modo le norme della legge europea sulla privacy, ma sappiamo che buona parte dell’opinione pubblica italiana è dalla nostra parte e vogliamo arrivare a una soluzione. Noi crediamo di offrire i nostri servizi rispettando la privacy. Lavoriamo per ridurre la quantità di dati personali usati per l’addestramento delle nostre AI. Per noi è importante che i sistemi apprendano da testi e video. Non necessariamente dai dati di persone. Per questo riduciamo al massimo il loro uso e informiamo gli utenti il più possibile.

Se un errore giuridico c’è stato, la giurisdizione italiana o internazionale si occuperà di annullare la decisione. E laddove il risultato della ordinata applicazione della legge dovesse essere insoddisfacente, per qualunque ragione politica, economica o sociale, allora la questione potrà essere discussa pubblicamente, e se del caso nuove leggi potranno sacrificare la protezione dei dati personali sull’altare dell’intelligenza artificiale. Fino a quel momento, però, la legge in vigore si applica, a chiunque.

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